Le Bolle di Magadino

Le Bolle di Magadino

Introduzione    

Nel 1971, nella città Iraniana di Ramsar, fu adottato il testo definitivo della Convenzione sulle zone umide d’importanza internazionale. Questa convenzione, da allora chiamata Convenzione di Ramsar, è stato il primo documento in materia di protezione della natura a livello internazionale e pone le basi per la collaborazione fra stati in materia di protezione delle zone umide.

La Convenzione nel suo preambolo ribadisce "le zone umide costituiscono una risorsa di grande valore economico, culturale, scientifico e ricreativo, la cui perdita sarebbe irreparabile." Aderendo alla Convenzione, ogni Stato si impegna a designare "le zone umide appropriate del suo territorio che devono essere incluse nell’elenco delle zone umide d’importanza internazionale".

Dal 1971 al 1997 sono state iscritte 896 zone umide, distribuite in 106 paesi del mondo. La Svizzera ha aderito alla Convenzione di Ramsar nel 1976 e fino ad oggi 8 zone umide sono state designate quali zone umide d’importanza internazionale, soprattutto riguardo il loro significato quali habitat per gli uccelli acquatici. Le Bolle di Magadino sono state iscritte in questa lista nel 1982, appartenendo da allora ai siti iscritti nella Convezione di Ramsar.

In Svizzera non esistono più ecosistemi deltizi allo stato naturale. Le Bolle di Magadino, situate al Sud delle Alpi, sono uno degli ultimi esempi di delta dove almeno in parte si sono conservati degli ambienti naturali. La situazione attuale risulta comunque notevolmente modificata rispetto alle tipiche condizioni deltizie. La modifica di parametri caratterizzanti ha influito e influisce tuttora in modo determinante sull’evoluzione degli ambienti. Il trend evolutivo in atto rappresenta quindi la "freccia del tempo" (sensu Prigogine) che deve essere integrata obbligatoriamente nella comprensione dell’evoluzione successionale della situazione osservabile attualmente e di quella mirata dagli obiettivi di gestione.

La necessità stessa d’intervenire attivamente sul territorio è dovuta principalmente alla modifica delle dinamiche ecologiche. Per comprendere meglio gli obiettivi di gestione e il tipo d’interventi attuati dalla Fondazione Bolle di Magadino, è importante dapprima comprendere il contesto e conoscere l’istoriato, la genesi del territorio delle Bolle.


Generalità sulle Bolle di Magadino

Coordinate: 46° 09' N 08° 52' E
Superficie: 660 ha suddivisi in 3 aree con livelli di protezione differenti (A, B, C)
Larghezza alla foce: 3400 metri
Altitudine: attorno a 193-195 m.s.m.

Clima (periodo considerato 1954-1988) 

Temperatura media annuale: 10.8°C
Media minime estreme per il mese più freddo: gennaio (-8.3°C)
Media massime estreme per il mese più caldo: luglio (30.4°C)

Precipitazioni  

Media annuale: 1904 mm
Mesi con in media più precipitazioni: maggio, giugno, agosto, settembre

Lago e inondazioni  

A causa della morfologie e grandezza del bacino imbrifero, associato agli eventi climatici di tipo insubrico (Ambrosetti, 1995), il livello del lago è soggetto a forti variazioni di livello. A partire dal 1943 il lago Verbano è regolato artificialmente. La chiusa di sesto Calende ha effetti sulle quote medie e non sugli eventi estremi. Si è passati quindi da una situazione caratterizzata da due oscillazioni annue ben distinte (acque basse in inverno e estate) a tendenzialmente un unico periodo estivo con acque basse (ritenzione d’acqua con chiusura della diga per scopi agricoli e idroelettrici).

Gli effetti principali sono stati quindi di aver provocato un aumento generale dei livelli medi annuali (ca. 0.3 m per la media annuale e quasi 1 m per le medie invernali).

Lago Verbano: medie mensili; prima e dopo la regolazione artificiale
Fonte: Servizio Idrologico e geologico Svizzero

Valore e importanza delle Bolle di Magadino

Dal 1979 la zona è stata denominata quale riserva cantonale tramite un’ordinanza specifica di protezione. A partire dal 1994 è attivo un Centro d’inanellamento ("Bird observatory"), il quale è stato chiamato a partecipare al progetto di ricerca europeo sulla migrazione dei passeriformi tra Europa e Africa ("European-African Songbird Migration Network"), coordinato dall’Università di Oldenburg e sostenuto dall’ European Science Foundation.
Tale progetto di studio ha coinvolto una quarantina di stazioni d’inanellamento, distribuite tra il Corno d’Africa e il Circolo polare artico.
I primi risultati di questa ricerca evidenziano l’importanza internazionale del mosaico di ambienti presente alle Bolle di Magadino, malgrado la superficie ristretta: infatti la stazione delle Bolle è risultata tra le 2 stazioni d’inanellamento che hanno catturato il maggior numero di specie migratrici transahariane e al contempo il sito nel quale si è riscontrata la percentuale più elevata di ricatture di uccelli marcati altrove.
Le Bolle assumono dunque un ruolo importante quale luogo di sosta per le specie migratrici. Il riconoscimento a livello internazionale e nazionale non ha comunque impedito l’insorgere di elementi di disturbo notevoli, ma questo non rientra nel soggetto della presente relazione.

Evoluzione storica 

Anno Eventi importanti avvenuti e che hanno avuto forte influenza sull’evoluzione delle Bolle
1589 Il fiume Ticino sfocia ca. al centro del delta
1711 Il fiume si sposta verso il versante sinistro
1888 Inizio dei lavori di arginatura, foce spostata artificialmente verso il centro
1897-1908 Argini sommergibili completati
1918 Inizio drenaggio e bonifica dei terreni del Piano di Magadino
1924 Completamento dighe insommergibili nella parte bassa del Piano
1943 Inizio della regolazione artificiale del Verbano
1940-45 Emergenza di guerra, coltivazione di parte dei terreni palustri attuali, in seguito abbandonati
1952 Inizio attività di estrazione alla foce (Silos Ticino) Ticino e Verzasca
1957 Completazione dei canali di bonifica
1965 Costruzione diga sulla Verzasca
1975 Creazione della Fondazione Bolle di Magadino, con ripresa della gestione dopo alcuni anni
1890-1950 Il delta si è inoltrato di circa 300 metri nel Verbano
1960-1970 Linea litorale più o meno costante
1971-oggi Linea litorale in regressione settorialmente

Evoluzione degli ambienti 







L’analisi dell’evoluzione degli ambienti per il tramite di foto aeree mostra chiaramente le tendenze evolutive del comprensorio, tendenze soprattutto influenzate da eventi esterni ed interni al sistema deltizio, i principali riassunti precedentemente. Il grafico sopra sintetizza semplificando le modifiche maggiori rispetto alle tipologie dominanti. (Fonte: Scherrer 1993)

Aumento del bosco e interramento 

La tendenza è orientata in modo assai netto verso un aumento della complessità strutturale e della biomassa al metro quadro. Questo fenomeno, accompagnato dalla mancanza di crescita del sistema deltizio verso il lago, implica una copertura sempre più importante del suolo e dunque un irradiamento sempre più debole dello strato epigeo. Tali condizioni determinano un sistema che tende a rafforzare le proprietà autoconservatrici (autopoietiche – retroazione positiva):  

  • La maggior produttività favorisce la selezione di specie molto competitive, le quali tendono a occupare tutto lo spazio disponibile e a caratterizzarlo diminuendone fortemente la diversità specifica. In una simile situazione le specie subordinate (sensu Grime 1979) devono adattarsi ad assumere forme di coesistenza assai limitate, ad esempio con una distribuzione puntiforme all’interno delle aree occupate in modo continuo dalle essenze dominanti.
  • Gli ambienti dominati da specie competitive sono caratterizzati da una struttura densa e compatta. Questa limita o annulla per buona parte dell’anno l’irradiamento al suolo, favorendo le specie scialfile (specie che anticipano l’installarsi del bosco)
  • Una volta istallatosi, la formazione boscata tende ad espandarsi grazie all’effetto dei suoi margini sugli ambienti circostanti
  • Ne risulta un interramento progressivo delle paludi delle Bolle e delle zone golenali un tempo influenzate dalle piene dei fiumi: il fenomeno è sicuramente accellerato dalla minore dinamica del fiume e dall’eutrofizzazione delle acque.

L'esempio dell'evoluzione del canneto

Analizzando l’evoluzione degli ambienti durante questo secolo (1940-1990), si nota che comunque differenti fenomeni interagiscono: infatti la tendenze sono contrastanti.

  • Fin dagli anni ’40 il canneto occupava una superficie mediamente importante nel comprensorio della riserva; da allora questa struttura ha subito un aumento graduale. Tale fenomeno appare logico se associato all’incanalamento del fiume e al conseguente potenziamento del carattere lacustre/palustre della riserva a scapito di quello alluvionale, come pure alla graduale diminuzione dello sfruttamento agricolo dei cariceti-lischeti.
  • Tra gli anni ‘60-’70 inizia ad essere localmente visibile il fenomeno della moria dei canneti sul litorale maggiormente inoltrato nel lago.
  • Negli ultimi 20 anni (‘70-’90) si assiste ad un forte aumento delle formazioni dominate dalla Canna verso l’entroterra, a scapito soprattutto delle formazioni erbacee palustri aperte. Sebbene il fenomeno si sia reso ben visibile solo nell’ultimo ventennio, il suo inizio può probabilmente essere fatto risalire a circa 30 anni fa. L’aumento della competitività della Canna deve essere associato all’aumentato livello medio del lago Maggiore e forse a fenomeni di eutrofizzazione e maturazione dei suoli (Klötzli 1986, Güsewell 1997).

In sintesi  

Le condizioni ecologiche, soprattutto il tipo di substrato, determinano le differenze sostanziali tra i settori settentrionali (conoide di torrente con granulometrie ghiaiose) da quelli meridionali (delta di fiume con granulometrie). L’analisi dettagliata della vegetazione evidenzia il "trend" evolutivo che queste tipologie subiscono:

  • interramento naturale tipico delle paludi
  • maggiore "inumidimento" delle formazioni a bassa quota, con forte dinamicizzazione di alcune specie competitive che tendono a diventare dominanti
  • neo-formazione di "megaforbie" (dominate da Filipendula ulmaria)

Le conseguenze di questi trend evolutivi sembrano essere le seguenti (perlomeno da un punto di vista della conservazione e gestione):

  • banalizzazione generale del paesaggio palustre aperto con impoverimento della diversità specifica
  • sviluppo di formazioni omogenee, inserite in una sorta di impasse evolutiva ("paraclimax" impoverito) se l’intervento di sfalcio viene applicato in modo costante ed omogeneo
  • aumento della densità e biomassa al metro quadro con soffocamento e oscuramento degli strati epigei
  • gli ambienti erbacei con carici e alte erbe strutturalmente ancora diversificati sono per il momento le formazioni più interessanti e maggiormente minacciate dal trend osservabile attuale